L'arte vetraria, oggi.

Come abbiamo accennato nell’articolo precedente, l’industria vetraria odierna non può prescindere dall’utilizzo di tecnologia. La realizzazione degli articoli in vetro, infatti, è strettamente legata a macchine a controllo elettronico, che consentono una gestione globale della produzione industriale molto efficace. Dal peso dei componenti che vanno a formare la miscela, all'imballaggio dei prodotti finiti, la presenza della tecnologia è ormai diventata dominante.

Nonostante ciò, la componente umana non può mancare. Tutta l’attività vetraria, infatti, non può prescindere da una supervisione umana che rimane indispensabile e, anzi, assicura quella qualità superiore che la tecnologia da sola non può garantire. Dalle sale di controllo dei forni, alle linee produttive, al trasporto.

In questo articolo abbiamo visto come la tipologia di forni tuttora utilizzata maggiormente - presente anche in Vetreria di Borgonovo - è quella dei forni a bacino.

Vediamo quindi le caratteristiche di questi forni.

L’interno dei forni.

Il forno a bacino si presenta come un grande ambiente di forma rettangolare, composto da due vasche a loro volta sormontate da due volte. La vasca più grande è quella destinata alla fusione della composizione vetrificabile (miscela + rottami di vetro), quella più piccola è quella in cui avviene l’affinaggio. Le due vasche sono collegate da una gola.

Quando raggiunge lo stato liquido, la composizione vetrificabile si sposta autonomamente verso la zona di affinaggio, dove staziona per un certo tempo e a una certa temperatura (che rimane tra i 1360 e i 1370 °C). Lo stazionamento e l’elevata temperatura consentono anche di purificare il vetro fuso, cioè di rimuovere le bollicine che a volte si possono intravedere in alcuni articoli in vetro.

La vasca di affinaggio, a sua volta, è direttamente collegata - tramite dei canali - alle linee di produzione esterne, in cui si trovano le macchine di formatura e in cui prenderanno vita i prodotti in vetro veri e propri.

La resistenza alle alte temperature.

Per poter resistere alle alte temperature necessarie alla fusione della composizione vetrificabile, le pareti laterali e il pavimento dei forni sono rivestiti da blocchi di materiale refrattario, che, cioè, può essere sottoposto ad elevate temperature senza modificarsi.

Questi blocchi sono composti da silice, alluminio e zirconio, che vengono elettrofusi (cioè fusi elettricamente in un crogiolo) e poi trasformati in parallelepipedi incastrati perfettamente tra loro per impedire l’infiltrazione della composizione vetrificabile.

Lo zirconio è il materiale che assicura maggiore durezza (è un materiale nobile), per questo motivo è presente in maggior quantità rispetto agli altri elementi, soprattutto nelle pareti laterali, dove i blocchi sono sottoposti a temperature molto elevate.



Il caricamento della composizione vetrificabile.

Come già avveniva alla fine del XIX, ancora oggi il caricamento della composizione avviene in modo continuo.

La composizione vetrificabile entra direttamente nella prima vasca tramite la cosiddetta dog house, un’apertura che collega l’esterno del forno con l’interno; mano a mano che inizia a fondersi, si sposta autonomamente nella seconda vasca, quella di affinaggio, dove rimane per un certo periodo, prima di uscire nelle linee di lavorazione ed essere lavorata per diventare articoli in vetro.

Quando la composizione diventa vetro fuso.

Ma come avviene la fusione della miscela e dei rottami? Grazie a dei bruciatori, che immettono nella camera di combustione (cioè tutta l’area del forno che si trova sopra la miscela) una fiamma, che si sviluppa dall’incontro tra aria e metano.

L’aria viene aspirata dall’esterno (quindi a temperatura ambiente, 20 gradi circa) da un ventilatore e passa attraverso una camera di rigenerazione per poter essere riscaldata e sviluppare così la fiamma quando viene a contatto con il metano.

L’aumento della temperatura avviene grazie ai mattoni refrattari che rivestono la camera di rigenerazione, che sono a loro volta riscaldati.

L’aria - ora calda - passa attraverso un condotto (torrino) e raggiunge i bruciatori, sviluppando la fiamma a contatto con il metano. Ecco, così, che la composizione vetrificabile (miscela + rottami) inizia a fondersi.

Non tutti i bruciatori immettono aria e metano: nel forno, infatti, alcuni fungono da canali di fuoriuscita dei fumi che si formano con la combustione. Ogni 1350 secondi (22 minuti e mezzo) c’è l’inversione: il forno si spegne per circa 20 secondi e alla ripartenza, da dove prima entrava la combustione ora usciranno i fumi, che saranno poi condotti all’esterno da una ciminiera.

Controllo del processo.

La temperatura massima che si può raggiungere all’interno del forno è di circa 1500 °C ed è tenuta sotto controllo da diverse termocoppie di platino dislocate nel forno e da forni spia.

A supervisionare l’intero processo di fusione c’è anche un team specializzato, che tramite le telecamere presenti nel forno, sorveglia l’interno del forno da una camera di controllo.

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